Lotta alle mafie, l’esempio di don Ciotti, articolo di Viviana Zamarian

Codroipo: affollato incontro al Linussio con il fondatore dell’associazione Libera. «Paura? Sì, ma dell’indifferenza»

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CODROIPO. Non è l’io che muove il cambiamento. Ma il noi. Nessuna svolta sarà mai «opera di navigatori solitari». La strada va percorsa insieme. Don Ciotti lo dice subito ai ragazzi. «La prima dimensione della giustizia è quella della prossimità, che vuol dire accogliere gli altri, ovvero se stessi, sentire che gli altri sono dentro di noi». Si rivolge a loro, agli studenti dell’Istituto professionale commerciale di Codroipo. Li guarda negli occhi uno a uno. Parla di legalità e di sostenibilità. Parla della lotta alle mafie. Si ferma se qualcuno si distrae e lo invita all’attenzione «perché è necessario conoscere per diventare più responsabili». Nell’affollata aula magna del Linussio i giovani lo ascoltano. All’incontro, moderato dal direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, intervengono anche Vittorio Borghetto, dirigente del Linussio, Roberto Sgavetta, vicepresidente di Coop consumatori Nordest, e il vicesindaco di Codroipo, Ezio Bozzini. Ne nasce un confronto, un dialogo intenso, un’occasione di crescita per tutti. E soprattutto un punto di partenza. L’Istituto professionale commerciale di Codroipo ha infatti espresso la volontà di diventare un presidio dell’associazione Libera.

 

Lotta alle mafie C’è la strage di Capaci il 23 maggio 1992. Meno di due mesi dopo, il 19 luglio, quella di via D’Amelio. La mafia ha spazzato via le vite di Giovanni Falcone e della moglie Francesca, e di Paolo Borsellino, insieme a quelle dei ragazzi delle loro scorte. Si deve reagire. Si deve continuare il loro lavoro. «Il problema delle mafie – spiega – è che avranno le radici al sud, ma raccolgono i frutti al Nord, nelle grandi città». Da lì a breve nasce l’associazione Libera che diventerà un coordinamento di 1.600 fra associazioni, gruppi, cittadini impegnati a diffondere la cultura della legalità. Grazie alla sua petizione, firmata da oltre un milione di persone, si approva la legge per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Le terre prese alle organizzazioni criminali sono coltivate da migliaia di giovani, portando poi i prodotti nei supermercati. «Uno schiaffo alle mafie», spiega don Ciotti. Non è facile, certo. Le intimidazioni ci sono, ma i ragazzi non mollano.

 

Nessuna paura «Finirà come Pio La Torre», diceva qualcuno. Il leader del Partito comunista siciliano ucciso nell’aprile 1982. Don Ciotti non si arrende, mai. «Ho più paura dell’indifferenza – risponde a una studentessa –, della rassegnazione e della superficialità. Una corruzione che certamente dipende dalla politica e dalla mancanza di leggi chiare, ma la responsabilità è anche di noi cittadini. Non possiamo essere cittadini a intermittenza».Corruzione «Il denaro che ogni anno scompare nella corruzione ammonta nel nostro Paese a circa 60 miliardi: mille euro per ogni cittadino», spiega don Ciotti. Un problema che riguarda tutti, dunque. Le mafie ci sono ancora, anche in mezzo a noi. Zone d’ombra come a Roma dove il “Bar Chigi”è stato sequestrato alla ‘ndrangheta calabrese.